martedì 10 gennaio 2012

Difenderemo i piccoli produttori ma guerra totale ai furbetti del cibo-I contadini non vanno a Cortina con i Suv

da LaRepubblica del 09 gennaio 2012 — pagina 22 sezione: CRONACA

ROMA - Guerra ai furbetti del cibo («il caso-olio che avete denunciatoè emblematico»). Ridare ossigeno ai produttori schiacciati dalle fauci della grande distribuzione e, adesso, anche dalla pressione del fisco. Salvare le aziende agricole, «patrimonio del Paese». E ancora: rilancio dell' ippica, fermezza sulle quote latte («anche a rate, ma devono pagarle tutti»), fondi europei di sostegno. Il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, anticipa a Repubblica le priorità della sua azione di governo per il 2012. L' inizio anno non appare in discesa: la nuova tassazione per terreni agricoli e fabbricati rurali sta mettendo in allarme i produttori. Che cosa pensa? «Opporsi, in un momento nel quale ognuno ha il dovere di fare la sua parte, è difficile. Ma lo sforzo chiesto al settore è troppo pesante. La stima fatta da Coldiretti - 1 miliardo - mi sembra attendibile. È una mazzata, anche perché il comparto agricolo era già in sofferenza. Parliamo di un settore dove il reddito medio degli addetti è inferiore alla media di tutti gli altri. I contadini non vanno a Cortina coi suv. Ma chi li sfrutta, magari sì». Vuole dire che i produttori non sono pagati come dovrebbero? «Sì. Rispetto ai colleghi europei i nostri hanno sempre più difficoltà a essere remunerati. È una delle partite sulle quali ci stiamo battendo a Roma. La grande distribuzione strozza chi produce le derrate alimentari. Bisogna fare funzionare meglio la filiera». In che modo? «Il fronte Bruxelles per la riforma Pac (politica agricola comune) è fondamentale: vuol dire 5,5 miliardi di sostegno per gli agricoltori italiani. Più una serie di nuove norme su etichettature e trasparenza nella tracciabilità dei prodotti. Renderemo più dura la vita ai furbetti del cibo». Che intanto continuano a fare affari. «È una guerra senza fine, l' unica cosa da fare è lavorare. Rispetto a 20 anni fa, quando non c' era nessuna normativa comunitaria in materia, oggi buona parte della filiera agroalimentare è tracciabile. Abbiamo vinto la resistenza delle lobby industriali a Bruxelles. Ma bisogna fare di più. Nel serbatoio dei taroccatori c' è di tutto: dal falso diretto e evidente, a forme più subdole di inganno. Tipo quelle di certi industriali che acquistano il prodotto all' estero e poi lo vendono come made in Italy». È quello che fanno i signori dell' olio con il business delle miscele. «Ho seguito con attenzione l' inchiesta di Repubblica. Premesso che non è una pratica illecita ma una speculazione antipatica che inganna chi acquista, questo meccanismo delle miscele non mi piace. Il grande danneggiato è il produttore. L' olio italiano è il migliore del mondo. Il paradosso è che non ne produciamo abbastanza: ci manca un buon 20% per coprire il fabbisogno nazionale. E quindi i nostri imprenditori che cosa fanno? Mischiano e ci marciano sopra. Così schiaccianoi prezzi,e colpiscono il produttore. Difendendo quest' ultimo noi difendiamo anche il consumatore». Standoa un' indagine del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di finanza, tra i furbetti dell' olio extravergine ci sarebbero anche marchi molto noti. «Sulle indagini in corso non posso dire nulla, ma quello che a noi interessa è rendere pienamente tracciabile l' origine dell' olio, così come di tutti gli altri prodotti agroalimentari. Solo così possiamo stanarei furbi». Il caso dell' olio taroccatoè arrivato in Cina e le autorità doganali hanno bloccato le importazioni italiane. È preoccupato? «Spero che la questione si risolva. Anche nell' interesse delle aziende che si sono buttate sul mercato cinese e che producono vero extravergine. Ma anche dobbiamo stare attenti alle importazioni. Penso ai nuovi vasi di mozzarella blu: hanno origine dall' estero. Vigileremo meglio sulle cagliate e il latte che arrivano da fuori». Torniamo alle aziende agricole. Che cosa ha in mente per salvarle dalla morsa della grande distribuzionee dalle contorsioni del mercato? «Oltre che produrre eccellenze italiane, le imprese agricole creano e curano il paesaggio rurale del nostro Paese. Sono i pittori di un quadro che attira ogni anno milioni di turisti. È possibile che gli unici a non guadagnarci siano proprio i produttori? Vanno sostenuti con contributi comunitari (tutti i 2,4 miliardi di PSR - programmi di sviluppo rurale - concessi alle Regioni sono stati erogati e utilizzati, ndr) e incentivati a lavorare senza ricorrere alla manodopera in nero». L' agricoltura è uno dei settori con le percentuali più alte di addetti irregolari. E tra i più falcidiati dagli infortuni sul lavoro. Che fare? «Aumentare i controlli e semplificare la normativa per le aziende. Di questo punto parlerò con la Fornero. Sconfiggere il lavoro nero è una battaglia di civiltà». C' è un' altra battaglia: il salvataggio dell' ippica. Come pensate di rilanciarla? «Aprirò un tavolo con l' Economia per favorire un regime differenziato delle scommesse ippiche e un prelievo fiscale ad hoc peri gestori. Poi bisogna ricostruire l' appeal delle corse: gare di qualità, controlli più rigidi su doping e puntate. Ridaremo credibilità all' ippica. E le corse resteranno in Italia».

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